Cultura

di Filippo Salvatore, alla memoria

Nuova, non compresa ovviamente nella sua ultima pubblicazione (“Nuova Mente”, QEd. 2018, Vasto), la seguente composizione poetica mi fu personalmente inviata, in quanto, per suo stesso dire … primo lector in fabula, in un tempo in cui, piagato nel corpo più che nello spirito da una male esiziale, dal Canada, non tornava più  (… e più non tornò) alla sua terra nativa, alla sua casa rurale (…”parva sed apta mihi”, amava denominarla) di “Fontenuova”, in quel di Guglionesi (CB).
Come per una abitudine che si era consolidata nel tempo e resa in certo modo alimento di speranza per lui, occasione di esprimermi quale fortunato “alter ego” io, quel che segue fu la mia ‘risposta’ di lettore e interprete.
Oggi che il social torna a ripropormi di lui altro ricordo e altra composizione poetica, tratta dal sopra citato volumetto, desidero qui rievocare con essa la sua appassionata fede poetica, la sua preziosa pratica letteraria, la sua lucidamente sofferta vicenda umana di dolente emigrato, seppur nella nuova patria professionalmente e socialmente di successo. (gfp)

Gramigna

Gramigna, quanta gramigna sui colli brulli!
Pietre, quante pietre nella terra dei padri!
I calanchi cretosi, rugosi, sono il vero viso,
oliveti, vigneti incolti e donne vogliose.

Sol ricordo di gioventù è la vita che offri,
quella pura di fanciullo quando ti lasciai.

Vedo, annoto, medito sulla croce
degli avi, dei tuoi figli che vissero
poveri, ma che seppero restare.

Come odio il rombo straziante
di motori in questa città lontana.
M’invento menzogne e rimango.

Filippo Salvatore
Montreal, 18 novembre 2020

       Dalla gramigna agli oliveti, ai vigneti, dalle pietre tante e ai calanchi argillosi, che danno all’uomo lavoro e fatica, alle “donne vogliose” piacere e con ciò stesso occasione e accensione di vita, sono i ‘luoghi’ dell’esistenza rimpianta; dagli avi pensati con grata memoria, ai figli cui va il pensiero d’affetto più caldo.  E’ così fatto il panorama che il poeta vede nella mente e percepisce in cuore dal suo luogo d’adozione straniero. Luogo “del rombo straziante di motori”, in cui cattiva salute e persistente desiderio di vita corporale lo tengono. E per farlo, lui annota, rammaricandosi di non poter annoverarsi fra coloro che seppero restare, seppur poveri, con la … tenacità di “gramigna”, nel luogo natio –  scrive …“m’invento menzogne e rimango”.

     Nell’esilio, pertanto, benché opportuno e motivato, con la nota visione nostalgica di chi vive l’intera sua esistenza a mo’ di Odisseo, Filippo Salvatore non può che riandare, quantomeno con il cuore in affanno, agli elementi di natura e di umana con-vivenza che hanno sostanziato la ormai lontana, ormai straniata gioventù.

     Questo io leggo e vedo nella composizione lirica qui sopra proposta. Un brano di insolita brevità e semplicità che colpisce nella nota e apprezzata produzione del nostro amico e sodale, costantemente articolata e nutrita di acuto pensiero e mirabile scienza.
In essa e con essa, in tale maniera compositiva e verbale, illustra il suo perdurante sentimento. Il desiderio costante, con connesso rimpianto, di una esistenza saggiamente – a mo’ dei padri – genuina seppur parca e frugale; tutta … nostra, vorrei poter dire da nativo della comune, antica Frentania, rimasta intatta dentro pensieri e sentimenti, visioni e sensazioni ineguagliabili nell’altrove. Anche se quel dì – e qui con lui confesso anch’io – a torto o a ragione, inventandoci forse già allora menzogne e bisogni, da essa … ce ne siamo andati via.

 Giuseppe F. Pollutri, 20 novembre 2020