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L’Arcangelo San Michele, sentinella di Dio

RIFLESSIONI NEL GIORNO DELLA FESTIVITA’ DEL SANTO PATRONO DI VASTO

Nel dare attuazione a quello che è il principale obiettivo teorico e ‘pastorale’ prodotto dal “Concilio Vaticano II”, nella Chiesa cristiano-cattolica si è avuto un deciso cambiamento, non solo nella liturgia, quanto nel porsi fra la gente e le genti, nei confronti delle diverse religioni e confessioni e, soprattutto, un maggiore avvicinamento alla società laica. Con questo si ha ragione di temere che si sia ingenerato nel clero, fra le stesse alte gerarchie del corpo ecclesiastico, un evidente ‘fraintendimento’. Dannoso, per la fede cristiana in sé, quanto per la coscienza dei credenti, a ragione da ciò turbati e smarriti.

       Ce lo fa pensare in questi giorni di fine settembre la concomitanza di varie e significative circostanze. La tradizionale festività di San Michele Arcangelo, la sua rilevanza per la Fede (quanto meno fino a che nel 1964, con Papa Paolo VI, non fu abolita la preghiera di Papa Leone XIII al Santo), la decisione di Papa Francesco di rendere omaggio, tutto civile e non religioso, alla salma dell’ex presidente della Repubblica italiana, e da ultimo il sermone molto personale e semplicemente culturale del Cardinale Gianfranco Ravasi (presente in Parlamento volutamente privo della sua croce pettorale di vescovo), in funzione commemorativa di un uomo che in vita si è professato non solo “non credente” nella nostra religione, e da marxista, evidentemente, in nessuna religione, ma altresì “a-teo”. E tutto ciò, accade in linea con l’idea di una proposta (o imposta?) nuova fede. Cristiana e laica al tempo stesso! Non per altro Papa Francesco, di fronte al feretro del Presidente emerito G. Napolitano – per rispetto della volontà del defunto e dei famigliari, si dirà – non ha recitato preghiere, non lo ha benedetto con il rituale segno della croce di cui nessun pur semplice sacerdote può astenersi dal fare, così come sino ad ora abbiamo “in fede” ritenuto.
Del resto, l’attuale successore di Pietro Apostolo (”pietra angolare” della Chiesa), più volte, parlando degli “atei”, ha mostrato il desiderio non soltanto di volerli fraternamente abbracciare, come certamente il divino Salvatore chiede a ciascuno di noi (… come fece, con qualche diversità non secondaria, il Cardinal Borromeo, con il peraltro pentito e convertito “Innominato”), ma persino di preferirli ai considerati “cattivi cristiani”. Come dire, parrebbe questa la sua nuova catechesi: credere e non osservare coerentemente i divini comandamenti sia cosa peggiore del non credere affatto in Dio.

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        A fronte di tale sorprendente nuova idea di religione cattolico-cristiana, credo sia necessario richiamarsi a una fondamentale domanda che ogni essere umano si pone nella propria esistenza e nei rapporti con gli altri esseri, umani e non, con l’universo creato tutto. L’ineludibile quesito è: c’è un discrimine tra il Bene e il Male, c’è una dovuta separazione, come per parabola Gesù ci ha invitato a fare, del grano dal loglio? Ovvero: c’è un Dio che tutto giudica e consola a cui affidarsi, per la propria vita terrena e per quella della propria anima poi, o ci si può votare indifferentemente a un demonio che, con il suo invito a non credere nell ‘anima, ci danna e condanna per l’eternità? E ancora, per noi di fede cristiana: c’è ancora un Cristo, figlio di Dio, che “si è fatto carne ed ha abitato fra noi” sino alla morte in croce, per redimerci dal peccato? O dobbiamo pensare che questo lo abbiamo per secoli pensato, sì, ci è stato sino a ieri insegnato, ma che non ha più senso o valore alcuno nel credo religioso del “tempo nuovo”?
Sia chiaro, personalmente non sono nessuno in fede e scienza, a fronte di chi è da ritenersi a buon diritto filosofo e teologo, questo è certo, ma seppur semplice essere umano, pur se cristiano uno dei tanti, io non ho remora alcuna nel pensare  e affermare che a non credere in un Dio, di misericordia certo, ma anche di verità e giustizia, si fa ‘peccato’: si genera sofferenza, dolore e morte attorno a sé, ci si condanna persino per se stessi alla damnatio, alla perdizione anche dell’anima. Diciamolo: ma davvero … “l’inferno esiste soltanto per chi ne ha paura”?

       Il nostro credo è diverso, vorrei poter osservare. A mio avviso il “Quis ut deus” di San Michele “sentinella di Dio”, sta a dirci che essere credenti nel divino, come principio e fine di tutte le cose, è l’unica nostra salvezza, sia corporale che spirituale.

      “Di me sarete testimoni”, ha detto il Signore. Se, al contrario, noi cristiani, battezzati “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, non possiamo più dichiararci e comportarci liberamente come tali, se per abbracciata, quanto contraddittoria  “cultura laica” dobbiamo astenerci dal “segnarci in pubblico con la croce” al cospetto di chi ha altra fede o persino si professa ateo, che destino abbiamo e avremo nelle nostre società sempre più multi etniche e multi culturali, fra i diversi popoli della terra?
Per interrogarci, da ultimo, guardando la nota raffigurazione del Santo del giorno:
– Per la salvezza di chi e contro chi è chiamato ancora a combattere l’Angelo Mikhaèl?

(Giuseppe F. Pollutri, 26 sett, 2023)