Attualità

La mai finita e ricorrente storia di Caino e Abele

« Disse Caino al fratello Abele: «Usciamo fuori». E come furon pei campi, Caino insorse contro il fratello Abele, e l’uccise. » (Gn 4,8)

       Pur naturale che sia per un umano, essere vivente capace di riflettere prima di agire e dopo, laddove eventi diversi in vario modo ci coinvolgono,  pur stando relativamente lontani dai “teatri di guerra”, prendere posizione ideologica (magari soltanto ‘social’), schierarsi in un gioco-guerra delle parti, si perde di vista il senso delle cose, si tralascia imperdonabilmente di chiedersi e valutare ciò che realmente è bene e ciò che è male. Questo di per sé, dico, giacché indubitabilmente l’antico motto “mors tua, vita mea” ci spinge ad ammettere che se il bene mio lo ottengo opprimendo, se non sopprimendo del tutto l’altro da me, vuol dire che la mia non è la ricerca del Bene, ma soltanto il modo di far prevalere insensatamente il mio ego a danno d’altri. Ed è quel che ancora in questi giorni, come in altre parti della terra, sta avvenendo, in maniera più cruda e più eclatante in Medio Oriente. “More solito” dicevano gli antichi romani, solita storia diciamo noi oggi; eppur capiamo bene che questa non è e non può dirsi civiltà umana, ma mai abbastanza deprecata barbarie.

     L’uomo che per esistere, per se stesso o quale componente di un gruppo, famigliare, sociale, nazionale, etnico …, come ancestrale Natura vuole (mettiamo pur in parentesi, se qui si vuole quel Dio che “non esiste”, ma che al tempo stesso colpevolizziamo perché “assente”… ) avverte il bisogno, come già Caino, di uccidere il ‘fratello’ con cui dovrebbe condividere il luogo e i mezzi  necessari per l’esistenza, sarà sempre più simile alla bestia che agisce solo per istinto (e non sempre è vero, com’è noto), a differenza dell’umano che in quanto tale ha capacità di intendere e di liberamente volere quel che fa.

Caino ed Abele, Romolo e Remo , … ed altri esseri umani di cui non ci è stata tramandata memoria, hanno fatto pervicacemente questo nella storia, su questa nostra terra. L’uno ha ucciso l’altro considerato un impedimento, un ostacolo, lo ha visto come nemico da abbattere. Le conseguenze, storiche e contemporanee le conosciamo. In quella che noi occidentali chiamiamo “Terra Santa”, permeati (seppur sempre meno) dallo spirito cristiano, ancora e ancora, ancora e di nuovo si uccide e, seppur strano e indicibile che sia (questo almeno è ancora il mio pensiero di fede cristiana), per tali perpetrate e eseguite uccisioni … platealmente si festeggia, il “nemico” lo si insulta, lo si calpesta, lo si incatena, lo si prende in ostaggio minacciandolo e poi, per insulto di religione e/o razzista, per idiozia persino, gli si dà morte. Gli si dà morte, con incredibile indifferenza, in maniera a dir poco ‘beluina’!

     Non sarò io a poter mettere, pur teoricamente, al bando chi ancor oggi con tali presupposti desidera schierarsi nel gioco-guerra delle parti, per sana dialettica o per prevalere sull’altro, opprimendolo se necessario. Ma nel mio piccolo angolo d’umanità e di scrittura invito a riflettere sul se e come possono stare insieme, persino soltanto in un contesto di immagini, la giovane donna malmenata e ferita, portata via a forza, visibilmente con odio, altrettanto bambini neonati ferocemente decapitati (!) per nessuna altra ragione che per ‘annientare’ la “razza”, ebrea in questo caso ancora, e dall’altra l’altrettanto giovane che in una piazza d’Europa, viso pulito e ben ‘truccato’, protesta ipocritamente per “il popolo palestinese” e parallelamente esulta per il barbaro eccidio avvenuto nella terra di confine tra Israele e Gaza. Come far finta di non capire – chiediamoci – che ancora una volta lo Stato israeliano, a sua volta con le sue armi, il suo esercito, risponderà agli ammazzamenti effettuati sulla propria gente, civile e inerme, dai terroristi, jihadisti di Hamas, causando ben altre pesanti perdite di vite umane fra i palestinesi ammassati e costretti nella “Striscia” di Gaza, territorio-tana dei noti suoi presunti e improbabili difensori!

                                                                +++

     Il mio interrogativo, personale, ma che credo dovremmo porci tutti, se appartenenti ad un mondo umano, più che teoricamente civile, è “del come e perché” questo accade.
Pur riferendosi all’arte (del resto tutto può essere fatto o non fatto “ad arte”, ovvero con il giusto criterio) il critico C. Caliandro in “Artribune” osserva in un sua nota, su “La guerra, il design e le opere”: – Da che cosa nasce la guerra, se non dal non sapere porre le domande giuste, dalla profondissima disabitudine all’immedesimazione nell’altro, per abbandonarsi invece con pigrizia delle tifoserie contrapposte, che esclude per definizione ogni riflessione critica e ogni analisi articolata? La guerra, in fondo, è il difetto di progettazione più devastante che una civiltà possa produrre”.

     Condivido, e non vedo come non possa dirsi vero e calzante. Purtroppo. E questo orribilmente riguarda tutti, gli uomini-contro in armi, e non meno chi come noi sta al riparo della propria … tana, giacché “le parole sono pietre” in grado di offendere anch’esse. Chi parla e dice, chi ritenendosi “al sicuro” urla contro e inneggia al proprio paladino in campo, dovrebbe sapere che nel sopradetto “gioco-guerra” le parti fatalmente possono essere invertite. Questo accade fintanto che non siamo toccati nella nostra stessa carne, finché anche le nostre case, le nostre apparenti sicurezze, possono divenire … “tane incerte”, fonte di un sentimento di smarrimento e terrore di cui poeticamente ebbe a dirci G. Ungaretti in “Il Dolore – Mio fiume anche tu” (1946). Una dannazione dei corpi e delle anime che pare non aver mai fine, che interessa e può interessare nel tempo e nel ristretto spazio del nostro pianeta tutti e ciascuno.

     Se “vita buona” ha da essere la propria, non di meno e parimenti quella d’altri, più che schierarci, giudicare, imprecare e verbalmente incitare allo scontro … , con il citato poeta dovremmo  – cosa che si fa sempre meno – anche noi rivolgerci a Dio in preghiera … “Per liberare dalla morte i morti / E sorreggere noi infelici vivi”.

Giuseppe F. Pollutri, 16 ott. 2023