Cultura

La globalizzazione, l’Europa e il nuovo ordine mondiale.

Al giorno d’oggi si parla tanto di globalizzazione: vantata conquista della modernità, trionfo della tecnologia, punto d’arrivo dell’evoluzione umana. Questa teoria, sostenuta in Occidente dal potere politico ed economico-finanziario, non ammette opinioni contrarie. In realtà, la tanto osannata globalizzazione, lungi dall’essere un’invenzione dell’uomo moderno e tanto meno una sua conquista, rappresenta più semplicemente un fenomeno che ciclicamente si ripete nel corso della storia. Le grandi migrazioni preistoriche, l’espansione dell’impero romano, l’affermazione delle religioni monoteiste, il colonialismo, sono tutti esempi di globalizzazione. A partire dall’età moderna in poi, questo fenomeno si manifesta come un processo di azioni e reazioni generalizzate che determinano degli effetti permanenti, coinvolgendo il mondo a livello globale. La globalizzazione presuppone l’iniziativa di un potere egemone, che mira a raggiungere un determinato obiettivo. Tra il XIX ed il XX secolo, ad esempio, il mondo è stato globalizzato da Francia e Gran Bretagna, i cui interessi di carattere economico (commercio) e politico (volontà di dominio), furono perseguiti con la colonizzazione di nazioni straniere, sulle quali si imposero sfruttando la propria superiorità tecnologica e culturale. La storia ha però dimostrato che il colonialismo, e la globalizzazione in genere, non sono fenomeni irreversibili. Gli anni ’50, del secolo scorso, sono stati caratterizzati da un nuovo fenomeno di globalizzazione, legato all’egemonia americana, e caratterizzato dall’esportazione della teoria economica del neoliberismo in tutti i paesi che gravitavano nella sfera d’influenza degli U.S.A. La caduta del muro di Berlino, la fine della guerra fredda, lo smembramento dell’ex Unione Sovietica, e la mancanza sulla scena internazionale di nazioni in grado di competere con l’impero americano, hanno consentito alla potenza d’oltreoceano di globalizzare il resto del pianeta.

Tuttavia, l’equilibrio e la quiete garantita (seppur circoscritta alle cd. nazioni “occidentali”) per oltre un cinquantennio dalla pax americana sembra aver subito una battuta d’arresto. La guerra attualmente in corso in Ucraina, la recente occupazione della Crimea, l’intervento delle truppe russe in Siria, ma anche la precipitosa ritirata U.S.A. dall’Afghanistan, rappresentano evidenti sintomi di tale situazione. La ripresa di attività bellica di Mosca dimostra con palese evidenza la fine del potere di deterrenza degli U.S.A. ed il pensionamento del suo ruolo di “poliziotto del mondo”.

Per di più, una nuova potenza emerge ad Oriente. La Cina, paese ormai tecnologicamente ed economicamente avanzato, non nasconde il desiderio di realizzare un nuovo ordine mondiale, sostituendo l’attuale sistema unipolare a guida americana, con una struttura più flessibile, che prevede la partecipazione, oltre che della Cina, anche di Russia (eventualmente, e al netto dell’esito della guerra in Ucraina) e di alcuni dei maggiori paesi in via di sviluppo. Questa visione di globalizzazione in salsa cinese non esclude, tuttavia, qualora se ne presentasse l’occasione, il ritorno ad una guida unipolare manovrata, questa volta, direttamente dalla Repubblica Popolare.

Ma l’egemonia americana, è messa a dura prova dagli stessi americani. Una fetta considerevole dell’opinione pubblica, accompagnata da buona parte degli esponenti politici, ritengono che l’attività del governo U.S.A. debba essere rivolta esclusivamente a garantire la sicurezza ed il benessere dei cittadini, e limitata ai confini nazionali. Il che decreterebbe la fine della potenza talassocratica, e della sua politica imperialistica (esercitata ma non dichiarata). Impossibile prevedere quale delle due anime prevarrà, ma ormai intellettuali ed economisti americani iniziano a parlare apertamente di fallimento del modello americano di globalizzazione e dell’accluso modello economico neoliberista.

L’Europa, dal canto suo, sembra non accorgersi di questi segnali, preoccupandosi esclusivamente di continuare a compiacere la potenza egemone, ed illudendosi che, in caso di un eventuale e non auspicabile conflitto condotto entro i suoi confini, la stessa intervenga per immolarsi in suo favore. Considerato l’attuale andamento degli eventi, è oltremodo lecito dubitarne, e la pesante corsa agli armamenti di alcuni paesi europei (vedi Polonia) dovrebbe far riflettere le altre nazioni, in primis l’Italia (che soccombe ai barconi, figuriamoci agli eserciti), sulla necessità di provvedere autonomamente alla sicurezza dei propri confini, cessandodi nutrire un incomprensibile fideismo nell’intervento salvifico della potenza d’oltreoceano.

Sebbene la narrazione ufficiale, propagata dai media, continui ad esaltare il primato dell’economia e le meraviglie della globalizzazione, assistiamo, invece, al loro inarrestabile declino. Un nuovo ordine mondiale si profila all’orizzonte: l’Europa (e l’Italia) saprà comprendere i segni dei tempi ed organizzarsi al fine di giocare un ruolo da protagonista, oppure si rassegnerà a subirne gli effetti, arrendendosi a una nuova sudditanza? L’orgoglio di appartenere alla tradizione ed alla cultura europea ci lascia sperare nella prima ipotesi; la realtà oggettiva, e l’indole dei governanti, ci lascia temere la seconda.

(Alfonso Di Sanza D’Alena)