Cultura

Il castello angioino di Civitacampomarano.

Le origini del castello di Civitacampomarano, in provincia di Campobasso, sono alquanto incerte. Secondo alcuni studiosi, il nucleo originario fu fortificato dai sanniti. Successivamente, all’interno di quest’area, i normanni edificarono un nuovo nucleo difensivo. Tali ipotesi, tuttavia, non hanno trovato riscontro nel ritrovamento di reperti databili a quelle epoche. I resti di strutture risalenti al XIII secolo, sono invece stati rinvenuti all’interno dell’attuale androne del castello, e sono ascrivibili ad una torre circolare della quale restano solo le strutture di base, del diametro di circa tredici metri. Allo stesso periodo risale la cisterna rettangolare scavata nell’arenaria, capace di contenere ben 120.000 litri d’acqua, che in passato era utilizzata per l’approvvigionamento dell’intero paese. La struttura attualmente visibile risale con certezza al XV secolo, e più precisamente al periodo in cui signore del castello fu Paolo di Sangro. Costui decise di potenziarne le difese sul lato occidentale, facendo erigere una seconda cortina di mura e due imponenti torrioni, attrezzati per l’utilizzo di cannoni ed archibugi. Sul lato posto ad oriente, invece, realizzò un portale d’ingresso sul quale pose il suo stemma. Alcuni particolari del blasone narrano l’episodio di cui, Paolo di Sangro, si rese protagonista nella battaglia di Sessano del 1442, quando improvvisamente abbandonò il suo schieramento nel campo angioino, ed andò ad inquadrarsi nella formazione aragonese, decretandone la vittoria. La battaglia si concluse con la vittoria di Alfonso d’Aragona, nuovo sovrano del regno di Napoli, che beneficò il di Sangro con la concessione dei feudi di Civitacampomarano e di Torremaggiore. La vicenda è icasticamente rappresentata dal drago alato, che timbra lo scudo nobiliare (posto sul portale d’ingresso) e regge due gigli capovolti, simbolo della sovranità angioina definitivamente sottomessa al potere aragonese. Lo stemma del di Sangro narra anche un altro episodio: ai lati dello scudo, infatti, sono poste due rose che rappresentano la famiglia Monforte; Altobella di Sangro, figlia di Paolo, andò in sposa al conte Cola di Monforte, ed il contratto matrimoniale fu stipulato proprio all’interno del castello. Più in alto, rispetto allo stemma di Paolo di Sangro, c’è quello dei Carafa della Spina, successivi feudatari di Civitacampomarano. Nel 1705 il castello fu annoverato tra le proprietà dei d’Avalos marchesi del Vasto. Cesare Michelangelo lo alienò nel 1742 al duca di S. Andrea, Pasquale Mirelli, la cui famiglia lo detenne fino all’eversione della feudalità.

Ulteriori modifiche e miglioramenti, dal punto di vista militare, furono apportati al castello verso la fine del 1400 (1491-1495). Tali adeguamenti furono richiesti dalla corte aragonese, che chiamò a realizzarli il senese Francesco di Giorgio Martini. Gli studiosi hanno attribuito al famoso architetto toscano la copertura delle merlature delle torri e della cortina, realizzata per creare un doppio ordine di casematte con bocche per troniere (aperture per il posizionamento di cannoni) e bombardiere (aperture per il posizionamento di altre armi da fuoco medie e pesanti), nonché l’apertura di un piccolo portale sul lato ovest, servito da un “ponte volante”. Ulteriori innovazioni furono rappresentate dalla realizzazione di camminamenti di ronda, tanto sul lato occidentale, quanto su quello orientale. In prosieguo di tempo, si assiste ad una ulteriore trasformazione che segna il passaggio da castello residenziale a palazzo baronale seicentesco. Viene realizzata la cappella nella torre di sud-ovest, ed il loggiato a sei archi sovrapposto alla cortina muraria sul piano nobile.

In passato il castello, che è fondato su un enorme blocco di arenaria, divideva in due il paese, ed era protetto, su tre lati, da fossati, mentre il quarto lato (a meridione) ne era privo in quanto aggettante su una scarpata alta più di 25 metri. Si narra che una rivolta popolare, avvenuta nel 1795, epoca in cui erano feudatari i Mirelli, impose il riempimento del fossato sul lato nord e la costruzione di una strada di collegamento fra le due zone del paese divise dalla mole del fortilizio.

L’accesso al castello è posto sul largo Vincenzo Cuoco, poco distante dalla casa natale dello storico e giurista molisano. L’ingresso principale è costituito da un grande portale in stile catalano (arco ribassato tipico dell’architettura catalano-aragonese) con cornice decorata, alla cui sommità sono posti gli stemmi delle famiglie Carafa e di Sangro. Il portone in legno, uno dei pochi elementi sopravvissuto ai secoli, è antichissimo. Superato il portone si accede, attraverso un breve corridoio, al cortile interno nel quale si affaccia una delle tre torri, oggetto di recente ricostruzione, in quanto danneggiata nel corso dell’ultimo conflitto mondiale. Nel cortile si può ammirare la cosiddetta “fontana sannita”, una scultura composta da quattro figure antropomorfe, proveniente da Montefalcone del Sannio, che pare sia stata adattata a fontana per volontà dei d’Avalos, al fine di abbellire ed ingentilire il cortile principale. Sulla sinistra si aprono gli ambienti un tempo riservati al corpo di guardia ed alla servitù; una scalinata consente l’accesso ai magazzini, al granaio ed alle scuderie, che conservano ancora le mangiatoie originali e sono caratterizzate da poderose arcate. Altra scalinata, coperta da un porticato ad unica arcata, invece, conduce al piano nobiledell’edificio, ed accede direttamente al grande salone di rappresentanza. Da qui è possibile raggiungere la torre maggiore (sotto la quale erano collocate le prigioni), il loggiato e le restanti sale. Tutti gli ambienti sono introdotti da porte ad archi ribassati alla catalana, e sono successivi al XV secolo. Solo la cucina del piano nobile, conserva ancora il soffitto ligneo a cassettoni del 1400.

Il castello angioino, o palazzo di Sangro, fu dichiarato monumento nazionale con decreto ministerialenel 1979 e, dalla fine degli anni ’80, è di proprietà del demanio dello Stato. La Soprintendenza di Campobasso, nel corso degli anni, ha provveduto ad eseguire numerosi lavori di restauro conservativo. Oggi il castello è aperto al pubblico tutti giornidalle 10,30 alle 17,30, escluso il lunedì, (è consigliabile prenotare anticipatamente telefonando al n. 0874/748107).

Alfonso Di Sanza D’Alena

Bibliografia:

AA. VV., Il Castello di Civitacampomarano, Storia, archeologia, restauro, Campobasso 2007.

Di Costanzo A., Historia del Regno di Napoli, Napoli 1735.

Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo. Segretariato regionale per il Molise (a cura di), Il castello di Civitacampomarano, 2019.

Palma G., La Roccaforte di Civitacampomarano nel Molise e gli interventi di concezione martiniana, in Bollettino d’Arte (Gennaio/marzo), Roma 2011.

Valente F., Il portale di Paolo di Sangro nel Castello di Civitacampomarano, in http://www.francovalente.it/2008/03/10/il-portale-di-paolo-di-sangro-nel-castello-di-civitacampomarano/